RIAVRO’ MAIL LA CENTO DI CUI ERO INNAMORATO?
Nell’ottavo anniversario del drammatico sisma che colpì la nostra città il Vice – Presidente del Consiglio, Diego Contri, ci scrive alcune righe in ricordo dei tanti luoghi belli e frequentati un tempo che, oggi, non è ancora possibile rivivere.
” Ricordo ancora quando per la prima volta andai a teatro, nel nostro teatro. Ricordo molto bene l’emozione di entrare in un ambiente che ti riporta indietro nel tempo, di sedersi nel palco con tre amici a vedere la stagione dei gialli.
In un palco, in quattro, uno si sedeva comodo rivolto al palcoscenico, uno sul lato opposto, uno sullo sgabello e il quarto si metteva un po’ arretrato.
Negli anni, crescendo, ho sempre riprovato gli stessi sentimenti di meraviglia e di piacere nel guardare chi c’era dalla platea al loggione, prima salutando timidamente poi, man mano passava la timidezza, in modo sempre più vistoso.
Ricordo quando dalla piazza guardavo lo scalone che portava alla sala del Consiglio comunale: bisognava entrare per vederne la fine!
Ricordo quando da bambino mi intrufolavo per salire sul terrazzo Comunale e vedere il carnevale dall’alto.
Ricordo le visite alla pinacoteca con i miei compagni di scuola. Ampie sale, quadri enormi e la storia di Cento raccontata dal nostro più illustre concittadino. Il Guercino è conosciuto in tutto il mondo e noi avevamo la fortuna di poter vedere fin da bambini le sue opere e i paesaggi a noi familiari dipinti magistralmente. Era bello vedere la coda di turisti all’entrata: mi inorgogliva sapere che tante persone erano venute a “casa” nostra per vedere le opere del Guercino e la sua “cara cinna” di Ludovico Carracci, per lui tanto importante e di ispirazione.
Oggi ho una figlia di quasi 9 anni e per lei tutto questo non c’è: il terremoto ha provocato danni per cui ci è impedito di provare (o riprovare) queste sensazioni, a me molto care e probabilmente condivise da tutti i centesi.
Il tempo passa e niente cambia, anzi gli anni (già ben otto!) e l’incuria aumentano il degrado degli edifici e non si vede all’ orizzonte il ripristino dei luoghi che hanno costituito l’identità per generazioni di centesi.
Cento deve rinascere da questi luoghi, che offrono cultura per quello che possono ospitare e formano il panorama degli affetti per chi è cresciuto qui.
Una comunità senza i propri simboli è una comunità smarrita; in che luoghi si identificheranno i nostri figli?”