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2.000 PERSONE PER SALVARE CENTO DALLE ACQUE DEL FIUME RENO

By on Gennaio 22, 2024 0 95 Views
Era la mattinata del 22 gennaio del 1813 quando l’ingegner Antonio Assalini ritenne ultimati i lavori di ripristino degli argini del Reno compreso lo “Spallone”
 
MA…ANDIAMO PER ORDINE PER SVELARE, ATTRAVERSO LE RICERCHE DI ANDREA GILLI, QUANTO SUCCESSE, GIORNI PRIMA, IN QUEL DI CENTO
 
Le piogge dirotte e continue della notte del 18 novembre del 1812 fecero alzare le acque del Reno che vani furono gli sforzi fatti per fortificare gli argini e la mattina del giovedì 19, alle ore sei e mezza, l’impetuosa corrente ruppe l’argine sinistro circa 200 metri a monte del Ponte vecchio e attraverso una breccia di circa 150 metri la corrente irrompe quasi direttamente verso porta Pieve, allaga la via Grande (Donati) e per la direttrice Borgo di Mane (oggi vie Cremonino e Malagodi) arriva a porta Molina (p.le Bonzagni) e di lì risale indietro sul borgo di Mezzo fino alla Locanda S. Marco.
 
Come si può capire dalla descrizione della zona allagata, in centro il livello dell’acqua non era molto elevato, il sistema delle Porte-fosse circondarie-paratori salvaguardò abbastanza bene l’abitato, ma si trovavano circondati tutto al di fuori della medesima.
 
Le rotte erano un vero disastro per le campagne che si sterilivano sotto uno spesso strato di sabbia con relativa cancellazione dei raccolti, ma anche per l’abitato con problemi inversi: si chiudevano le bocche dei condotti fognari che scaricavano nelle fosse, per evitare l’allagamento del centro urbano per sifonatura esterno-interno, con tutti gli inconvenienti immaginabili.
 
Il Dipartimento del Reno, residente in Bologna, spedì a Cento un ingegnere o perito, il cavaliere Giusti, il quale, facendo lavorare duemila persone giorno e notte, riuscì a chiudere la rotta per 16 dicembre (1812), ma alle ore nove circa della seguente mattina 17 venne all’ improvviso una piena d’acqua che portò via tutto il lavoro fatto e così nuovamente ritornò l’acqua con gran impeto ad inondare tutta la campagna attorno a Cento.
 
Immediatamente arrivò a Cento un altro ingegnere, il cavaliere Antonio Assalini, che, con l’impiego della medesima gente, riuscì, per il 22 gennaio del 1813, a chiudere definitivamente la suddetta bocca con un alto e grosso argine. Questa sua impresa è ricordata con una lapide murata all’ interno di Porta Pieve.
 
Durante i lavori di chiusura della rotta e ripristino dell’argine venne scoperta una grossa polla sorgiva che mandava acqua purissima in quantità, all’ incirca in corrispondenza del centro della rotta, che complicò non poco le operazioni di chiusura della breccia e ad argine ricostruito su precise disposizioni dell’ingegnere Antonio Assalini, per scongiurare nuovi cedimenti di questo, venne costruita quella vasta spianata, “. avente la forma di una grande piazza rettangolare di terra argillosa, denominata poi “Spallone”.
 
Più di mezzo secolo dopo (1866) quella sorgiva battezzata “Lavina” avrebbe parzialmente risolto il problema dell’acqua potabile dei Centesi, prima dell’acquedotto vero e proprio ( 1935 ), con le quattro fontane di S. Pietro (la prima), di S. Biagio, della caserma S. Pietro (Casermone), oltre a quella vicino all’argine e ai margini della via che assumerà il nome di “Lavinino”.
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